Il Giorno 13 dicembre 1998 Data Pubblicazione: 04-10-2009
E' stato un brutto regalo di Natale. L'annuncio dell'assessore alla Cultura, Salvatore Carrubba, che la giunta intende chiudere la banda comunale è suonato come un pugno allo stomaco per i musicisti della "Civica orchestra di fiati". Il gruppo costa troppo, ha argomentato l'assessore: 700 milioni all'anno. Quindi il governo Albertini è deciso a togliere questi fondi dal bilancio del prossimo anno (in fase di discussione) anche se una decisione definitiva non c'è ancora. La notizia che la giunta municipale intende smantellare una delle più tradizionali e amate istituzioni milanesi è piovuta sulla banda ieri pomeriggio, proprio quando sotto il gonfalone gli orchestrali hanno imbracciato i loro strumenti in rappresentanza del Comune alla cerimonia per l'anniversario della strage di piazza Fontana. Prima di dare fiato ai loro ottoni, gli uomini e le donne della banda hanno dato voce alla loro preoccupazione e alla loro amarezza: «Un Comune che ha un bilancio di oltre 3mila miliardi non trova 700 milioni per tenere in piedi la sua banda? A Palazzo Marino spendono centinaia di milioni per il Carnevale che dura qualche giorno e negano i fondi a una struttura che dà lustro all'immagine del Comune e fa concerti tutto l'anno?» L'orchestra ha 27, membri stipendiati dall'amministrazione, ai quali si aggiungono elementi esterni che hanno contratti a termine. Coloro che dipendono da Palazzo Marino lavorano 3 ore al giorno e guadagnano 1 milione 600mila lire al mese. Sono equiparati a un fattorino. «L'amministrazione non ha mai voluto farci un contratto da musicisti» si lamentano gli interessati. In più, le leggi recenti vietano loro di avere un secondo lavoro, per cui non possono né suonare in altri gruppi, né dare lezioni private, né tantomeno insegnare a scuola per arrotondare il mese. Tutti quindi sono costretti a tirare avanti solo con quello striminzito stipendio. Nonostante le scarse gratificazioni, gli strumentisti amano il loro lavoro e non vogliono perderlo. Ma rivendicano anche il loro ruolo sociale. Rappresentano infatti un'istituzione pubblica che offre la possibilità di ascoltare musica senza spendere una lira ai cittadini che non possono permettersi di andare alla Scala o al Conservatorio. Tutti i concerti infatti sono gratuiti. Ogni anno la banda ne fa oltre venti, in diversi teatri della città. A questi si aggiungono i concerti nelle scuole, nelle case di riposo e nelle occasioni ufficiali: 1° gennaio, Epifania, Carnevale, 25 Aprile, 1° Maggio, 2 Giugno e in altre cerimonie di rilevanza pubblica. «Siamo vittime della insofferenza della giunta verso tutto ciò che è "pubblico" - dicono i musicisti della banda. Diamo fastidio perché attorno alla nostra attività non si combinano affari. Vogliono chiuderci per lasciare al settore privato la totale gestione degli eventi musicali della città.» Per l'assessore Carrubba non solo la banda costa troppo ma è anche un'istituzione, vecchia, sorpassata, che ha esaurito la sua funzione: «E' un retaggio dell'Ottocento... Nessuna grande città ha una sua banda, e poi Milano ha un'offerta musicale vastissima...» Come dire: un'orchestra del Comune non serve. Gli orchestrali non accettano questa visione riduttiva e liquidatoria: «L'assessore dovrebbe aggiornarsi, come abbiamo fatto noi cambiando repertorio per stare al passo con i tempi. In tutta Europa le città hanno un loro gruppo musicale che tengono in grande considerazione.» Davanti alla prospettiva della chiusura, la banda afferma con orgoglio che potrebbe mantenersi da sola se solo il Comune volesse trovare qualche sponsor o far pagare un prezzo minimo per i concerti.
Franco Tinelli
L'EX PRIMO CITTADINO, ALDO ANIASI
«Negli anni '70 la resuscitai, non fate scherzi»
«E' un peccato e un grosso errore eliminare la banda comunale. Credo sia una visione distorta dei compiti di un'amministrazione». Aldo Aniasi, sindaco di Milano negli anni durissimi tra il '68 e il '75, non usa mezzi termini per giudicare la decisione dell'assessore alla Cultura Salvatore Carrubba. Un argomento che lo tocca da vicino, visto che fu proprio lui che, nei primi anni '70, riuscì a ridare vigore alla banda nata molti anni prima nell'azienda tranviaria e che si stava sfaldando per le assenze, le mancate sostituzioni, il passaggio di orchestrali in altre strutture. Esattamente come sta succedendo adesso. Allora, la soluzione fu molto semplice. «Assunsi la banda e la passai nella gestione comunale. Poi feci indire un concorso - ha proseguito Aniasi - e in breve ricomponemmo gli elementi. Divenne una delle più rinomate d'Italia, giudicata positivamente da molti critici di nome. Anche oggi credo che, con un concorso, si avrebbe un grande afflusso e si rimetterebbe in piedi». Invece, per i costi giudicati troppo elevati, da Palazzo Marino si è pensato di togliere direttamente l'ossigeno. «E un errore - insiste l'ex primo cittadino - è un simbolo della città, fa parte della tradizione, del folklore e della cultura milanese. Da sempre, quando una banda suona in una piazza o in un quartiere, c'è grande folla: perché tocca la sensibilità della gente, dei più semplici. Non tutti, del resto, sono in grado di andare o di capire un grande concerto alla Scala. Perché togliergli questa musica?». La visione strettamente manageriale e aziendalistica di questa amministrazione, che guarda forse un po' troppo ai costi estrapolati dal loro contesto, queste cose non le ha evidentemente calcolate. «Nei compiti istituzionali di un governo locale - ha concluso Aniasi - non c'è solo la manutenzione delle strade o dell'acquedotto. C'è anche il dovere di far vivere la città in ogni suo aspetto. Anche con la banda. Ce l'hanno i corpi militari, ce l'hanno tutti i Comuni. Perché Milano se ne dovrebbe privare? ».
Stefania Panza
GLI OTTONI DIVIDONO LA GIUNTA
Giù le mani dalla banda. I partiti d'opposizione in Comune difendono a spada tratta l'orchestra municipale, in quanto espressione di una cultura popolare da difendere. Ma anche nella maggioranza di centrodestra non c'è unanimità sulla scelta annunciata dall'assessore alla Cultura, Salvatore Carrubba, di chiudere il complesso comunale. Attorno alla ventilata chiusura della banda si è acceso un dibattito politico più ampio, che riguarda la concezione della cultura della giunta Albertini. "Il governo del Polo dimostra di avere una visione elitaria della cultura - esordisce Valter Molinaro, capo gruppo dei Democratici di sinistra -. Tende a non considerare meritevoli di rispetto gli aspetti culturali più popolari. Cancellare la banda è profondamente sbagliato. Essa rappresenta la tradizione meneghina, gode dell'affetto della popolazione, è uno dei simboli della città". Per Molinaro, dire che la banda va chiusa perchè costa troppo è un'enormità: "Il Comune si permette di sprecare due miliardi per organizzare una grande festa di Natale e non vuole tirare fuori qualche centinaio di milioni per sostenere la banda? Questa argomentazione non fa onore alla giunta." Il ricordo va a qualche anno fa, quando anche la giunta leghista tentò di smantellare la banda. Anche allora fu l'assessore alla Cultura, Philippe Daverio, a voler mandare definitivamente in pensione l'orchestra municipale. Poi, davanti alla sollevazione di molti esponenti politici ma anche dei milanesi, che in più di 5mila firmarono un appello per la soppravivenza del complesso, la giunta Formentini fece retromarcia e addirittura rilanciò il gruppo. Umberto Gay, capo gruppo di Rifondazione Comunista, avverte la maggioranza: le opposizioni sono pronte a dare battaglia in consiglio per difendere la banda. "Al tempo di Daverio il consiglio insorse. Anche adesso siamo disposti a combattere per tenere in vita un'istituzione molto amata dai milanesi. E' strano che una persona preparata e sensibile come Carrubba non capisca che l'eliminazione della banda sarebbe uno sfregio per la città. L'assessore dovrebbe sintonizzarsi meglio con i milanesi." Quando Daverio voleva sopprimere la banda, l'allora consigliere di opposizione Riccardo De Corato, ora vice sindaco, manifestò insieme agli orchestrali davanti a Palazzo Marino per difendere l'orchestra. "Come mai ora la giunta di cui De Corato è esponente vuole mandarci a casa?" Si chiedono i musicisti. Una risposta indiretta arriva dal capo gruppo di An, Roberto Predolin, schierato a difesa della banda e polemico con gli alleati di Forza Italia. "Quando si governa una città - osserva - non si può ragionare sempre in termini di soldi, di costi. bisogna avere una visione più ampia, più politica e meno ragioneristica. Il Comune non è un'azienda e non si può considerare la banda come un ramo secco da tagliare. In questo caso è in questione l'immagine di Milano. Comunque i giochi non sono ancora fatti. An chiderà chiarimenti. Poi si vedrà."
Franco Tinelli
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